Sia che si sia debilitati da una malattia fisica, sia che si sia sopraffatti da un intenso dolore psicologico/emotivo, Nietzsche raccomanda di utilizzare il rimedio che egli chiama “fatalismo russo”. Chi utilizza questo rimedio cessa di tentare di curarsi e si sdraia semplicemente accettando la malattia e il dolore e inibendo qualsiasi reazione fisica o emotiva. In questo modo conserva energie preziose e accelera la guarigione.

Come spiegò Nietzsche nella sua “autobiografia”, Ecce Homo:

“Se c’è qualcosa che si deve addurre contro l’essere malati e deboli, è che l’istinto veramente riparatore dell’uomo, il suo istinto di lotta si esaurisce. Non ci si può liberare di nulla, non si può superare nulla, non si può respingere nulla – tutto fa male. Gli uomini e le cose si impongono troppo da vicino; le esperienze colpiscono troppo profondamente; la memoria diventa una ferita incancrenita. Contro tutto questo il malato ha un solo grande rimedio: lo chiamo fatalismo russo, quel fatalismo senza rivolta che è esemplificato da un soldato russo che, trovando una campagna troppo faticosa, alla fine si sdraia sulla neve. Non accetta più nulla, non accetta più nulla, non assorbe più nulla: cessa del tutto di reagire. Questo fatalismo non è sempre e solo il coraggio di morire; può anche preservare la vita nelle condizioni più pericolose riducendo il metabolismo, rallentandolo, come una sorta di volontà di ibernazione. Se si porta questa logica qualche passo più in là, si arriva al fachiro che dorme per settimane in una tomba. Poiché ci si consumerebbe troppo in fretta se si reagisse in qualche modo, non si reagisce più: questa è la logica. Niente brucia più velocemente degli effetti del ressentiment. Rabbia, vulnerabilità patologica, brama impotente di vendetta, sete di rivalsa, mescolanza di veleni in qualsiasi senso, nessuna reazione potrebbe essere più svantaggiosa per l’esaurito: tali affetti comportano un rapido consumo di energia nervosa, un aumento patologico di escrezioni nocive…” (Ecce Homo)