Tutti sentono di avere un talento speciale o la capacità di realizzare qualcosa di unico, di grande. Tuttavia, non c’è dubbio che praticamente tutti gli individui si accorgono, nei loro ultimi giorni di vita, di non essere riusciti a raggiungere ciò che pensavano di essere in grado di fare. A causa di forze interne (paura, insicurezza, ecc.) o di impedimenti esterni (aspettative e responsabilità sociali/familiari), la maggior parte delle persone non insegue la propria passione e quindi non realizza il proprio potenziale interiore.

Nel brano che segue Arthur Schopenhauer descrive con dovizia di particolari l’individuo che lotta per trovare la propria vocazione speciale e per realizzare il proprio potenziale interiore in mezzo a ostacoli interni ed esterni. E ci offre consigli sull’importanza di essere fedeli a se stessi e di inseguire la propria passione naturale con vigore e coraggio.

Il brano è lungo, ma ne vale la pena per tutti coloro che sentono la tensione interiore se perseguire una passione o scegliere un percorso di vita solo per comodità e sicurezza.

“… è ostacolato nell’intuizione di ciò che lui solo tra tutti, in virtù della sua individualità, è disposto e può fare. Trova le disposizioni per tutti i vari sforzi e poteri umani, ma senza esperienza non gli è chiaro quale sia il loro grado nel suo caso individuale. E quando si dedica a imprese che sono in sintonia con il suo carattere, si sente ancora, soprattutto in momenti e stati d’animo particolari, stimolato a quelle esattamente opposte e incompatibili con esse, che, se perseguisse indisturbato le prime, dovrebbe sopprimere del tutto. Infatti, come il nostro cammino fisico sulla terra è sempre e solo una linea, non una superficie, così nella vita, se vogliamo afferrare e possedere una cosa, dobbiamo lasciarne innumerevoli altre a destra e a manca, rinunciandovi. Se non riusciamo a deciderci a farlo, ma afferriamo come i bambini di Schopenhauer alla fiera tutto ciò che ci stimola di sfuggita, allora questo è il tentativo perverso di trasformare la linea del nostro cammino in una superficie; poi corriamo a zig-zag, svolazziamo qua e là come una volpe, e non raggiungiamo nulla…

Per questo motivo, la semplice volontà e persino le capacità sono di per sé insufficienti, ma una persona deve anche sapere ciò che vuole e conoscere le sue capacità; solo così mostrerà il carattere e solo allora potrà davvero realizzare qualcosa. Prima di arrivare a questo… è ancora senza carattere, e anche se deve rimanere nel complesso fedele a se stesso e seguire il suo corso fino alla fine, tracciato dal suo spirito guida, non traccerà comunque una linea perfettamente diritta, ma una linea instabile, vacillante, deviata, inversa, che si concede rimpianti e dolore: Tutto questo perché, nelle cose grandi e piccole, vede tante cose davanti a sé come possibili e raggiungibili da un essere umano, e non sa ancora che cosa, tra queste, si accorda con lui solo e può essere realizzato da lui solo, o addirittura è godibile solo da lui. Invidierà quindi molte persone per situazioni e relazioni che sono ancora adatte solo al loro carattere, non al suo, e nelle quali si sentirebbe infelice, o addirittura non riuscirebbe a sopravvivere. Infatti, come i pesci stanno bene solo nell’acqua, gli uccelli solo nell’aria, le talpe solo sotto terra, così ogni essere umano sta bene solo nell’atmosfera che gli è congeniale; l’aria della corte, per esempio, non può essere respirata da tutti. Per la mancanza di una sufficiente comprensione di tutto questo, molti si impegneranno in ogni sorta di sforzi falliti, faranno violenza al loro carattere in particolari dettagli, e ancora una volta nel complesso dovranno cedere; e ciò che faticosamente otterrà, contrariamente alla sua natura, non gli darà alcun piacere, ciò che imparerà in questo modo rimarrà morto…

Ma quando abbiamo finalmente imparato, allora abbiamo raggiunto quello che familiarmente si chiama carattere, carattere acquisito… Conosciamo la nostra volontà in generale e non ci lasciamo fuorviare dallo stato d’animo o da richieste esterne per prendere decisioni individuali che nel complesso si oppongono ad essa. Allo stesso modo conosciamo la natura e la misura delle nostre forze e delle nostre debolezze e ci risparmiamo così molti dolori. Infatti, non c’è altro piacere che quello di impiegare e sentire le proprie forze, e il dolore più grande è la percezione di una mancanza di forze laddove se ne ha bisogno. Dopo aver esaminato dove si trovano i nostri punti di forza e le nostre debolezze, cercheremo di sviluppare, impiegare, utilizzare in ogni modo le nostre notevoli disposizioni naturali, e ci occuperemo sempre di ciò che è utile e applicabile, ma eviteremo del tutto e con autosufficienza gli sforzi per i quali abbiamo una scarsa disposizione naturale, e ci guarderemo dal tentare ciò che semplicemente non funziona per noi. Solo chi è arrivato a questo punto sarà interamente se stesso con costanza e completa consapevolezza riflessiva, e non sarà mai piantato in asso da se stesso, perché saprà sempre cosa è in grado di presumere nei propri confronti. In questo modo avrà spesso il piacere di sentire i suoi punti di forza e raramente proverà il dolore di sentirsi ricordare le sue debolezze. Quest’ultima è un’umiliazione che forse causa il più grande dolore spirituale…

Se conosciamo bene i nostri punti di forza e di debolezza, allora non cercheremo di mostrare forze che non abbiamo, non giocheremo con monete false, perché questo tipo di gioco di specchi alla fine manca il bersaglio… Non c’è niente di più perverso che, procedendo per riflesso, voler essere qualcosa di diverso da ciò che si è… Imitare le qualità e le caratteristiche peculiari di qualcun altro è molto più deplorevole che indossare i vestiti di qualcun altro; perché è un giudizio sulla propria inutilità pronunciato da se stessi. ” (Arthur Schopenhauer)